L’onere della prova in materia di “insidie stradali” – Cass., sent. n. 17625/2016

La sentenza della Suprema Corte in esame, la n. 17625/2016, si occupa di un annoso problema, ossia quello dell’onere probatorio nel caso di danni subiti in seguito a cadute causate da buche presenti su strade o marciapiedi – i cosiddetti danni da “insidia stradale”.

La giurisprudenza, infatti, in linea di massima ritiene che, qualora la caduta del pedone sia avvenuta in conseguenza di distrazione o negligenza dello stesso soggetto, nonostante la strada presenti buche, ciò non integri un risarcimento del danno, a meno che l’insidia stradale non fosse visibile né tantomeno prevedibile usando l’ordinaria diligenza.

Ora, l’importante pronuncia della Cassazione poco sopra citata chiarisce che, tra gli oneri gravanti in capo al pedone, non deve – né può – rientrare quello della pericolosità della strada o comunque del luogo ove è avvenuta la caduta; tale dimostrazione spetta infatti al Comune, che, quindi, per poter andare esente dal pagamento del risarcimento del danno, avrà l’onere di dimostrare che non vi era pericolosità nella strada, e che la caduta è dipesa da un comportamento colposo del danneggiato, il quale avrebbe potuto evitare il pericolo con l’ordinaria diligenza.

Al pedone, quindi, spetterà semplicemente provare l’esistenza della buca (o comunque dell’insidia), la caduta stessa nonché i danni riportati – che si ricorda dovranno essere derivati esclusivamente dalla caduta e non da altre cause, stante il fondamentale elemento del nesso causale tra evento e danno in materia di responsabilità extracontrattuale.

E’ evidente in definitiva come, secondo questa importante pronuncia di legittimità, l’onere probatorio più gravoso in materia di “insidie stradali” ricada in capo al Comune convenuto.

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